Metamorfosi

Vittorio Matteo Corcos  – Mare

Spighe dorate colsi
tra papaveri rossi
per averti
Infinite volte mi baciasti
tra la forza dei venti
lasciasti che mi  spossassi
Fino al Tempio di Giove
ti cercai
incredulo perfino a Venere
devoto mi rivolsi
al fin mi aiutasse
Rapito dalla carne
mi aggrovigliasti
pure la mente
Ti guardai e affondai
nel supplizio
dei petali ricamati
Incantevole Mirto fiorito
il tuo vello di ricci bruni
mi donasti
nuda Ninfa degli abissi
così divampò l’amore
divino e eterno
Perso nel fuoco
di vergini carezze
gridarono i fianchi
d’un Oceano infuriato
Eros s’accucciò pago d’amore
In dolce brama imprigionato
fu reggia dove prima labirinto
metamorfosi
di anime innamorate
solo tu  Zeus
che giochi con la luce
e il buio dell’universo
sai quanto sono avvinto
dal zirlare di voglie di seta

 

Tubano le ombre

Edgar Degas – Il Balletto

Tubano le ombre
pigiate tra nebbie,
carnosa la brama
nella tana di seta,
dolci mani
lisciano il corpo,
sorriso impiccato
dalle voglie.
Ti baciai
strozzandomi la pelle. 

Mare di donna
lascia che Poseidone
ti naufraghi
la coscienza.
Mi piace vederti
risalendo le gambe,
pizzico la nuvola
sorride il sole,
l’ultimo gemito
poi il sapore
di melagrana.

I silenzi d’autunno

E. Delacroix – Donna con pappagallo (1827)

Ormai spoglio il giardino,
il gelso superbo
screzia di giallo.
Sbircio l’orizzonte,
 là, il sole suicida
dietro i monti.
Navigante in cerca dell’Orsa,
Terra mia, tenera e leggera
guardami “Vaso di Pandora”
asprigna sanguina l’anima.

Tutto ti avrei detto,
solo ne fossi stato capace.
Vulnerabile,
il dentro trafitto
come fuoco nei granai,
brucio ossimori delicati.
La brina del tuo corpo
dà sapore
ai silenzi d’autunno

Come la dea greca

Balthus (1908 – 2001)

Come la dea greca mi dicesti
– Più tardi – negandoti
sapevi parlare ai mortali.
Tu, tra gemme e profumi,
spumavi d’amore
come onda di mare.
Simile a Afrodite attendevi,
so che, come Efesto
avresti voluto che mi buttassi
dal dirupo d’ira ceco di gelosia
per il tuo prediletto Ares. 

Tremò la madre terra
l’eco rabbioso del mare
giunse a noi.
Avresti voluto che
mi perdessi tra i vortici
di Scilla e Cariddi, disperandomi
come ogni innocente intruso.
Ma ragione non mi mancò,
il sole arrestò il carro celeste,
rallentando il crepuscolo.
Immobili furono
le mani e la mente,
il mio muto silenzio fu colmo,
timidamente la luna sorrise,
caddero i confini dell’amore,
un vento acerbo sollevò i veli,
tu maliziosa lasciasti che il corpo
avvincesse l’anima,
così arse il falò della vita.

Germoglia il glicine

Nude – Pierre Bonnard (1867-1947)

Il corpo nudo,
legata da brame
battuta da Zefiro
mordi angoli di pelle
germoglia il glicine
tra cirri d’amore
Scorre la seta
nell’intarsio della vita
Tenera Galatea
Eros ingordo
mantice perverso
con il sapore
tra le dita,
d’istinto mi sazi 

Artigliato dalla Fenice
 sete di fonte
tra i fianchi
Un timido bacio
Tu odi e ami
un tormento

Mi cibai

Pierre Bonnard  1867 – 1947

Ho visto il tempo
morire
nei tuoi occhi assenti.
Acqua e sale
rodevano dentro,
scarnita l’anima,
tra le lenzuola
mozzato il fiato,
mi cibai
d’immoralità.
Cipride mia, sciogliesti
i vigneti della ragione
con callipigie forme
nel digiuno della notte.
Dioniso s’accoccolò
sui seni di Arianna.
Un fuoco sottile
lisciò il ventre,
l’equivoco crebbe
tra labbra rosee,
il bisbiglio tuo
fu lieve tonfo
nel bosco di mele


Tra Luna e Pleiadi

Nascosta a ritroso
tra Luna e Pleiadi
alta è la notte.
Non dormo, t’aspetto,
annichilita l’anima
mi stringo a te.
Oh ! Selene
dalle vesti fluide,
zagara di passioni,
spremo la rosea baca,

vestita di nulla anneghi
tra carne e brame.
Angelo infernale,
mordi l’uva spina
a occhi chiusi,
tra gli anelli del tempo
 Alfeo rincorre Aretusa,
l’ultimo tuo bacio
sulle mie labbra timide.
Cercami, io sarò.

Quasi assassinato

Vagabondo smarrito
tra rupi d’angoscia
cerco il sole,
senza argini dentro
quasi assassinato
dal tempo.
Cigolano i cardini
della mente.
La luna m’ irride
annegandomi pensieri,
barcollano le ciglia
di grandi occhi muti
inginocchiati al silenzio. 

Oltre l’inferno dei tradimenti
inchiodato al suicidio per gioco
dall’assurdo della vita
illuso dalla follia
scavo nelle stagioni dell’età.
Tu, libera nell’assoluto,
Cipride mia,
nata da spuma d’onda,
Paride ti scelse
tra invidie d’Olimpo,
non avevi pari.
Nuda e callipigia,
calasti le caste vesti,
nel bianco lenzuolo
m’attorcigliasti come glicine.
Baciai la tua carne,
i tuoi fianchi narcisi
bruciarono la notte,
a salvarci poi venne l’aurora.

Maledetto quel giorno

Maledetto quel giorno
tu scivolasti via 
mi dicesti lui mi ama.
Ti negasti e il mio
orgoglio mi frantumò.
Vissi su scogli di luce nera
come Giasone a Medea
non seppi dare certezze,
ti amai davvero, terra mia.
Gelosa sei morta di gelosia,
duro è l’abbandono a Nasso
isola arida e infingarda,
come in Arianna con Teseo
forte è la tristezza.
T’invaghì tanto pure Dionisio
atroce fu l’inganno,
di nuovo l’arcaica storia
l’uomo tradì la donna.
Ora tu come Arianna e Medea
rapita d’abbaglio, anneghi
nella marea della rivalsa.
E’ l’aria della mia anima
che cerchi, compagna
di ieri, saprò ancora
amarti come allora.

La dea Notte

La Nuit 1883

W.A.Bouguerau (1825-1905)

Notte amica
dalle ali caligine
nera madre
di Etere e Emera
sfinita dal buio
l’alba t’uccide
La foga del lago
ha fiotti aguzzi
guercio il vedere
la terra aperta
sussulta all’erpice
Sei venuta qui
ma non ti fermi
Aggrappato alla falesia
di  Apate precario
avrei voluto tutto
un bacio rubato
a labbra socchiuse
mi è bastato.

Terra nuda

Balthus

In notte buia
la terra nuda
cantò baci di luna
Nel gheriglio dei seni
acceso fu l’eco di carne
La voglia assassina
graffiò la pelle
impiccata  fu così
l’innocenza dei fianchi
Perseo tagliò le catene
Andromeda fu libera
L’urlo rubato dalle dita
tra le onde del ventre
morì nel fuoco di madreperla
Libere allora furono
le vene incatenate

Ultimo laccio

Roseo corpo notturno
scampolo liso,
accoglimi come Nausicaa.
Occhi caldi schiumano
brividi di ventre,
graffio la mente
tra soffi di grecale,
cetra d’Apollo
dai soavi seni
germogli la zolla profana.
Ultimo laccio d’amore
tra l’incanto di pelle.
Bevo sorsi d’anima,
sfiorando la ricciuta rosa,
danzo leggero a Dioniso
assaporando l’altare della vita.
Selvatica Cipride mia
sei agguato camuso,
tramontata l’Orsa maggiore
io affogo nell’umido profumo
di conchiglia antica.

Alba acerba

William Bouguereau – Bagnante – 1870


Nell’alba acerba
Lucertola mia
solitaria come il lago
nelle gelide nebbie
affoghi i tuoi silenzi
avida di sole


Tutto tace solo
lo sbattere stanco d’ali
nei campi assonnati
tra scaglie di brina
lo sguardo disperato
di Demetra cerca Proserpina

Inverno canaglia
come Ade
con l’assurdo in faccia
sarchi l’anima
scombinato
dal tuo indugiare
io certo aspetto
il risveglio

In cerca di Persefone

S’acquieta il sole
umida palpita l’aria,
drappi d’ombra
tra i filari spogli.
L’olmo lascia le foglie
con l’ultimo orgoglio.
Autunno, di casa,
è già sulle colline,
nei campi
sfumano i colori,
il vento strazia la luce .
In cerca di Persefone
Demetra soffre,
affranta è scesa
tra gli uomini e la terra
ha il sapore del silenzio.
Tu al mio fianco
il divenire guardiamo
nel lontano orizzonte.